Scritto da Diego Mariani
Il settore automobilistico sta vivendo una trasformazione radicale. Con l’aumento delle auto a zero emissioni sulle nostre strade, cambia anche il lavoro di chi si occupa della loro manutenzione. Per le officine e i meccanici, l’avvento dell’elettrico non è solo una sfida tecnologica, ma un’opportunità professionale da cogliere al volo.
Nel solo mercato italiano, i numeri confermano la crescita costante del settore: nel 2025 (fino al 31 ottobre) sono state immatricolate 67.086 auto elettriche, con un aumento del 28,71% rispetto allo stesso periodo del 2024. Il parco circolante italiano ha raggiunto 339.231 veicoli elettrici, dato che evidenzia come la presenza di EV sulle strade sia ormai una realtà consolidata che le officine non possono ignorare.
Al centro di questa rivoluzione c’è un tema cruciale: lo smaltimento delle batterie delle auto elettriche. Gestire il fine vita degli accumulatori richiede nuove competenze, il rispetto di normative specifiche e una visione chiara del futuro. Se gestito correttamente, il ciclo delle batterie non è un problema, ma una risorsa preziosa per l’ambiente e per l’economia del settore autoriparativo.
In questo articolo vedremo come cambiano le regole del gioco, analizzando durata, riciclo e il vero impatto ecologico di questi veicoli.
Secondo i dati di ottobre 2025 raccolti da InsideEVs Italia, ecco la classifica dei modelli BEV più immatricolati nel periodo gennaio-ottobre:
Fonte: InsideEVs Italia – Le auto elettriche più vendute in Italia a ottobre 2025
La classifica testimonia che nel mercato italiano dell’elettrico convivono due scenari: da un lato modelli premium e riconosciuti (come Tesla, BMW, Volvo, Audi) che continuano ad avere peso ed elevata domanda; dall’altro, auto più accessibili o “di massa” (Citroën e-C3, Dacia Spring, Renault 5) che segnalano come l’elettrico stia gradualmente andando verso un pubblico più ampio. Per un’officina significa che è importante prepararsi a occuparsi sia di auto di fascia alta, sia di modelli più economici, con esigenze differenti in termini di componenti, tempistiche e servizio
Una delle prime domande che i clienti rivolgono al proprio meccanico è: “Quanto dura la batteria di una macchina elettrica?”. Spesso c’è il timore di dover affrontare costi di sostituzione elevati dopo pochi anni, ma la realtà è molto più rassicurante. Sebbene la garanzia dei costruttori copra solitamente 8 anni o 160.000 km (con almeno il 70% di capacità residua garantita), la maggior parte delle batterie moderne arriva ben oltre questa soglia.
La durata effettiva dipende da una combinazione di fattori. Il primo è la chimica delle celle. Le batterie NMC (nichel-manganese-cobalto) offrono un buon compromesso tra capacità e longevità, mentre le LFP (litio-ferro-fosfato) si distinguono per una durata ancora maggiore grazie alla loro maggiore stabilità termica e a un degrado più lento. Per questo marchi come Tesla (nei modelli con celle LFP), BYD e MG mostrano risultati di longevità particolarmente elevati. Al contrario, le batterie NCA (nichel-cobalto-alluminio), usate in molti modelli Tesla di fascia più alta, offrono prestazioni superiori ma una vita leggermente più sensibile all’uso intensivo.
Un altro elemento determinante è il sistema di gestione della batteria (BMS). Un BMS ben progettato controlla temperatura, tensione e modalità di ricarica, minimizzando gli stress che accelerano il degrado. Marchi come Hyundai e Kia, ad esempio, sono spesso citati per la qualità del loro BMS, che permette una ricarica rapida mantenendo bassi livelli di usura. Allo stesso modo, Tesla si distingue per la sofisticazione dei propri algoritmi di gestione termica, una delle ragioni delle ottime durate riscontrate su modelli con alto chilometraggio.
Anche le abitudini di utilizzo incidono molto. Lunghe permanenze al 100% o allo 0% di carica accelerano il deterioramento, così come l’uso costante di ricariche rapide ad alta potenza. Una guida fluida e una ricarica frequente tra il 20% e l’80% contribuiscono invece a prolungare significativamente la vita dell’accumulatore.
Per questo motivo molte officine stanno introducendo servizi di analisi dello Stato di Salute (SoH), che permette di misurare in modo preciso la capacità residua di una batteria e di certificare al cliente il suo stato reale, particolarmente utile nel mercato dell’usato.
Quando una batteria scende sotto il 70–80% della capacità, non diventa rifiuto. Inizia la sua seconda vita, spesso come sistema di accumulo per impianti fotovoltaici o per usi stazionari.
Il riciclo moderno, grazie a tecniche come l’idrometallurgia, consente di recuperare oltre il 90% dei metalli critici come litio, nichel, cobalto e manganese. Questo riduce l’impatto ambientale e garantisce una filiera più sostenibile.
Le officine rappresentano il primo punto di raccolta delle batterie esauste e quindi un attore fondamentale per la tracciabilità.
È vero che produrre una batteria richiede energia, ma il bilancio complessivo è nettamente migliore rispetto ai veicoli termici. Il riciclo aiuta a ridurre l’impronta carbonica e impedisce che materiali pericolosi arrivino nelle discariche. L’officina moderna deve diventare anche un centro informativo, aiutando i clienti a comprendere l’effettivo vantaggio ambientale dei veicoli elettrici.
Lo smaltimento delle batterie e la manutenzione dei veicoli elettrici sono regolati da normative stringenti. Per un meccanico, comprendere questi obblighi significa lavorare in sicurezza, evitare sanzioni e ampliare la propria attività con nuovi servizi professionali.
Per lavorare sui veicoli elettrici, il meccanico deve essere formato secondo la norma CEI 11-27, che definisce due livelli principali di qualifica. La PAV (Persona Avvertita) rappresenta il primo gradino: chi la ottiene acquisisce una conoscenza di base del rischio elettrico e opera sempre sotto la supervisione di personale più esperto. La PES (Persona Esperta), invece, è la figura che possiede competenze tecniche più approfondite e può lavorare in autonomia su componenti ad alta tensione.
Ottenere la certificazione significa seguire un percorso formativo presso enti accreditati: lezioni teoriche, esercitazioni pratiche e una verifica finale che porta al rilascio dell’attestato. Una volta qualificato, il meccanico può svolgere attività come la diagnosi dei sistemi HV, la messa in sicurezza del veicolo e l’isolamento della batteria.
Quando un veicolo elettrico presenta una batteria danneggiata, surriscaldata o con segnali di instabilità, l’officina deve disporre di un’area dedicata per isolarlo. Si tratta di spazi progettati per ridurre ogni rischio: pavimentazione ignifuga, adeguata distanza dagli altri veicoli, materiali resistenti al calore e strumenti specifici per fronteggiare eventuali incendi delle celle al litio.
L’area di quarantena rappresenta il primo passo del processo di smaltimento: qui il veicolo viene messo in sicurezza, monitorato e preparato alla fase successiva, cioè il conferimento a un centro autorizzato.
Le batterie al litio dei veicoli elettrici rientrano nella categoria RPA – Rifiuti da Pile e Accumulatori, parte della più ampia famiglia RAEE. Questo comporta precisi obblighi per l’officina. Quando una batteria viene dichiarata esausta, il meccanico deve registrarla come rifiuto con il codice CER corretto e predisporre tutte le misure di sicurezza necessarie.
Successivamente, la batteria viene affidata a un consorzio autorizzato che si occupa del trasporto e del trattamento. L’officina riceve una documentazione che certifica l’intera tracciabilità, documento fondamentale in caso di controlli.
La diffusione dei veicoli elettrici porta nuove esigenze tecniche, ma soprattutto nuove possibilità per le officine. Comprendere il funzionamento delle batterie, le normative e i processi di smaltimento significa offrire servizi moderni e richiesti. L’elettrico non riduce il lavoro dei meccanici: lo trasforma e lo amplia. Le officine che scelgono di aggiornarsi oggi avranno più opportunità domani, diventando punti di riferimento per un parco circolante in costante crescita.
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